La Tari, acronimo di Tassa sui rifiuti, è una imposta il cui quadro normativo nazionale viene poi definito in sede locale.
In considerazione di ciò le amministrazioni comunali possono stabilire particolari tariffe per particolari situazioni.
In questa sede, per la fattispecie si analizza il caso dei cosiddetti bed and breakfast, quelle attività che associano l’affitto della camera all’erogazione di servizi basilari collegati, come la colazione, di cui si è occupata l’ordinanza numero 15545, pubblicata il 16 maggio 2022, della Corte di Cassazione.
Il punto di scontro in questione origina dal fatto che la particolare attività dei bed and breakfast costituiscono attività pararicettive che vengono svolte su immobili di solito accatastati ad uso abitativo.
Poiché le tariffe Tari dipendono dall’uso di un immobile, oltre che dalla sua grandezza, il punto di scontro è semplice: se, per questo tipo di attività, l’ente locale possa prevedere delle tariffe maggiorate rispetto a quelle ordinariamente previste per gli immobili ad uso abitativo.
Il Legislatore ritiene infatti che gli immobili ad uso commerciale, a parità di metratura, debbano scontare una tariffa maggiorata, essendo potenzialmente produttivi di una maggiore quantità di rifiuti rispetto a un immobile adibito ad uso abitativo.
Senza entrare nel merito della correttezza dei postulati in base ai quali la destinazione di un immobile e la sua grandezza siano davvero indicativi della capacità dei suoi utilizzatori di produrre rifiuti, vedremo adesso se ad un immobile anche accatasto ad uso abitativo, ma adibito ad attività di bed and breakfast, possa essere applicata una tariffa Tari maggiorata.
La Corte di Cassazione, con la già citata ordinanza, ci spiega che “una maggiore tariffa per la Tari rispetto a quella prevista per le civili abitazioni risponde ai principi costituzionali di capacità contributiva, proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza, nella sua declinazione secondo cui occorre trattare in maniera adeguatamente differenziata situazioni differenti”.
Entrando più nello specifico, la Corte ci spiega anche che non può essere la categoria catastale dell’immobile a determinare i limiti dell’applicazione dell’imposta in questa situazione: nel momento in cui una abitazione viene ad adibita ad attività ricettiva, questa produrrà necessariamente una quantità di rifiuti superiore a quelli che avrebbe prodotto se fosse stata utilizzata come abitazione residenziale, in ragione del maggior numero di persone presenti all’interno della struttura.
Inoltre, la natura articolata di questa attività, che, oltre a fornire un servizio ricettivo, lo integra con un più articolato insieme di servizi collegati, è tale da configurare “un'attività che senza dubbio debba essere considerata commerciale”, assimilabile all’attività alberghiera.
Quindi, in relazione alla Tassa sui rifiuti, secondo la Corte di Cassazione, sarà legittimo, da parte dell’ente locale, prevedere tariffe maggiorate per le attività di bed and breakfast, rispetto a quelle residenziali, in ragione dell’attività svolta, assimilabile a quella alberghiera.
Fondamentalmente “l'attività di affittacamere presenta natura analoga a quella alberghiera seppur si differenzi per le dimensioni più modeste”; ma, dato che l’importo finale della Tari dipende dalle due variabili costituite da utilizzo e metratura, una tariffa maggiorata potrà essere legittimamente applicata, dato che la grandezza dell’immobile commisurerà l’importo dovuto alle dimensioni dell’attività.