Con Risposta a interpello n 245 dell'8 marzo l'Agenzia chiarisce che il contribuente in regime forfettario è responsabile per le ritenute d'acconto omesse per errore.
In particolare, l'istante sostituto d'imposta fa presente che:
- si avvale delle prestazioni professionali di un collaboratore lavoratore autonomo per attività di presentatore di servizi,
- il collaboratore in questione ha dichiarato sia nel 2021 che nel 2022, di avvalersi del regime forfetario istituito con L. n. 190/2014 (le cui soglie sono recentemente state modificate dalla legge di bilancio 2023, in proposito leggi: Regime forfettario 2023: soglia di accesso a 85.000 euro)
- conseguentemente le prestazioni rese sono state fatturate:
- senza esposizione dell'IVA
- e liquidate senza applicazione della ritenuta d'acconto.
A novembre 2022 il collaboratore ha comunicato che, per la perdita del requisito reddituale (superamento del plafond di euro 65.000 annuo di compensi), non poteva fruire del regime forfetario a partire dall'anno d'imposta 2021 e successivamente ha emesso:
- per i compensi fatturati nel 2021 e corrisposti nel medesimo anno, una nota di variazione in aumento per l'IVA nel 2022 (ex art. 26 comma 1 DPR 633/1972);
- per i compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfetario e corrisposti nel 2022, note di credito a storno delle suddette fatture in regime forfetario, e riemesso fatture in regime ordinario (con esposizione di IVA e ritenuta d'acconto)
Tutto ciò premesso, l'istante chiede nella sua funzione di sostituto d'imposta «quale comportamento adottare in relazione alla ritenuta d'acconto non operata sui compensi corrisposti dal 1 gennaio 2021 fino a ottobre 2022».
Le Entrate ricordano che il regime forfetario beneficia di una serie di semplificazioni contabili, tra le quali la possibilità di non esercitare la rivalsa ai fini IVA e di non essere soggetti alla ritenuta d'acconto in relazione ai ricavi o compensi percepiti.
A tal fine occorre rilasciare un'apposita dichiarazione al sostituto dalla quale risulti che il reddito cui le somme percepite afferiscono è soggetto all'imposta sostitutiva in esame.
Nel caso di specie, per stessa ammissione dell'istante, «il collaboratore (…) ha dichiarato (…), sia nel 2021 che nel 2022, di avvalersi del regime forfetario istituito con L. n. 190/2014», ritenendo erroneamente di possedere i requisiti per l'applicazione del regime forfetario; conseguentemente, ha emesso fatture senza esercitare la rivalsa dell'IVA e senza esposizione della ritenuta d'acconto e l'istante, a sua volta, ha corrisposto i compensi maturati dal collaboratore nei periodi d'imposta 2021 e senza applicare la ritenuta d'acconto.
Secondo quanto dichiarato, l'istante sostituto è venuto a conoscenza dell'errata applicazione del regime forfetario per il 2021 e 2022 solo nel mese di novembre 2022.
Le Entrate ricordano che, con le risposte ad interpelli n. 499 e 500, pubblicate il 26 novembre 2019 è stato chiarito che è possibile rimediare all'indebita fruizione del regime forfetario adottando una delle seguenti modalità:
- emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in aumento al fine di integrare le fatture originarie con l'IVA di rivalsa (da versare all'erario) e indicare la ritenuta d'acconto;
- emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, al fine di addebitare l'IVA di rivalsa (da versare all'erario) ed indicare la ritenuta d'acconto.
Tutto ciò premesso si ritiene che l'istante/sostituto non debba eseguire il versamento delle ritenute d'acconto non operate, né presentare le certificazioni uniche ed il Modello 770/2022 integrativo (laddove i compensi, seppur errati, di cui si discute siano stati già riportati nei predetti modelli trasmessi all'Agenzia delle entrate).
Con riguardo ai compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfetario e corrisposti nel 2022, per i quali il collaboratore/sostituito dovrebbe aver già emesso note di credito a storno delle predette fatture, e riemesso fatture in regime ordinario (con esposizione di IVA e ritenuta d'acconto), si è dell'avviso che l'istante/sostituto debba operare, seppur tardivamente, le ritenute d'acconto, e versarle con la maggiorazione a titolo di interesse, nonché rilasciare la certificazione unica per il 2022 e presentare il Modello 770/2023 indicando i dati corretti.
In merito alle sanzioni, viene chiarito che, ferme restando quelle applicabili al collaboratore/sostituito per l'errata fatturazione e tardiva liquidazione e versamento dell'IVA dovuta, si ritiene che il medesimo sia, altresì, responsabile delle sanzioni per le ritenute non operate e non versate o versate tardivamente, conseguenti all'errata richiesta di disapplicazione delle medesime.
La responsabilità del collaboratore/sostituito non può essere esclusa essendo responsabile per effetto dell'errata dichiarazione rilasciata della violazione in cui è incorso l'istante/sostituto, rispetto al quale, invece, sembra potersi applicare quanto disposto dall'articolo 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 secondo cui
- «1. Se la violazione è conseguenza di errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da colpa. […]».
Concludendo le entrate a tal proposito ricordano che con la circolare 10 luglio 1998, n. 180/E, è stato chiarito che, (…), l'art. 6, comma 1, esclude la responsabilità quando l'errore non è determinato da colpa. Il fattore discriminante è quindi costituito dalla causa dell'errore medesimo. Se esso dipende da imprudenza, negligenza o imperizia, non rileva ai fini dell'esclusione della responsabilità, ma se il trasgressore ha osservato la normale diligenza nella ricostruzione della realtà, l'errore in cui è incorso esclude la colpa richiesta dal precedente articolo 5.
Per contro si ribadisce l'errore evitabile con l'uso dell'ordinaria diligenza, quella cioè che si può ragionevolmente pretendere dal soggetto agente, non influisce sulla punibilità.
Nel caso specifico, dunque, laddove effettivamente l'istante/sostituto sia in grado di dimostrare che, osservando la normale diligenza, non sarebbe stato in grado di verificare che il collaboratore/sostituito era privo dei requisiti peraltro dal medesimo attestati con una specifica dichiarazione per applicare il regime in parola lo stesso può ritenersi non responsabile delle ''violazioni'' innanzi descritte (omessa o tardiva esecuzione e versamento delle ritenute, trasmissione delle Certificazioni Uniche e del Modello 770 con dati errati) e, conseguentemente, delle sanzioni ad essere relative.
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