Dalla riforma del diritto societario in poi, il Legislatore italiano ha portato avanti una azione normativa orientata a trasformare la Società a responsabilità limitata: da mini-SPA della sua versione originaria, fino a diventare un veicolo societario dinamico e versatile, quasi ibrido, a metà tra società di persone e società di capitali.
L’obiettivo dichiarato era quello di incentivare l’utilizzo delle società di capitali, per adeguare il paese agli standard unionali, dove, in molti legislazioni, sono previste anche versioni semplificate di questo tipo di società.
Però, nello specifico caso in cui le quote di una Società a responsabilità limitata sono possedute da un numero ristretto di persone, possibilmente legate tra loro da legami di parentela, l’azione incentivante del Legislatore è stata in una certa misura sterilizzata dalla prassi, che, nel caso in esame, si è trasversalmente posizionata con un atteggiamento di sfavore, non senza l’avallo della giurisprudenza.
È proprio “in forza di un principio ribadito in più occasione dai giudici della Suprema Corte” che “l'accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti”.
In questo contesto arriva l’ordinanza 25322 della Corte di Cassazione del 25 agosto 2022, appena citata, che aggiunge un importante tassello al dibattito.
L’ordinanza prende in esame il caso in cui venga accertato, in capo alla SRL a ristretta base societaria, un maggior reddito derivante dal riporto a tassazione di costi, effettivamente sostenuti dalla società, ma considerati indeducibili.
Secondo la Corte, la presunzione di distruzione ai soci, in caso di SRL a ristretta base societaria, opera anche nel caso in cui il maggior reddito accertato (rispetto a quello dichiarato) derivi dal riporto a tassazione di costi sostenuti, ma considerati indeducibili, in quanto anche i costi indeducibili “vanno ad alterare il conto economico”.
Fondamentalmente, in caso di contestazione, un maggior reddito può derivare solo da tre situazioni:
- da ricavi non contabilizzati,
- da costi inesistenti
- o da costi indeducibili.
Nel primo caso, quello dei ricavi non contabilizzati, la presunzione di distribuzione ai soci ha dalla sua la forza dell’ipotesi che, se i maggiori ricavi non sono nelle casse della società, dovranno essere da qualche parte, possibilmente presso gli amministratori o i soci.
Similmente, nel caso dei costi inesistenti, se una spesa non è stata effettivamente sostenuta, il relativo movimento finanziario, se non è nelle casse della società, sarà stato intercettato da qualcuno.
Il caso dei costi indeducibili è però diverso: un costo viene qualificato come indeducibile nel momento in cui avviene il disconoscimento del suo significato fiscale, ma tale disconoscimento non avrà impatto sull’esistenza civilistica della posta contabile; con la conseguenza che l’impatto sul conto economico sarà limitato all’ammontare dell’imposta.
Inoltre, nella situazione in esame, anche se i costi di cui si tratta sono contestati come non deducibili, le risorse della società sono state effettivamente impiegate per sostenere tali costi, che sono civilisticamente esistenti (e non simulati): non è chiaro per quale motivazione logica si dovrebbe legittimamente presumere che le somme impiegate siano state, invece, distribuite ai soci.