Il fondo pensione non residente che eroga somme per le quali è previsto un prelievo alla fonte, in assenza di stabile organizzazione in Italia, non riveste il ruolo di sostituto d'imposta e, di conseguenza, non è tenuto ad applicare alcuna ritenuta sui redditi erogati agli iscritti italiani, i quali hanno l’obbligo di indicarli nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui li hanno percepiti.
Questa la risposta a interpello 794 dello scorso 29 novembre con cui l’Agenzia delle entrate torna a ribadire un importante principio che continua spesso a ingenerare dubbi nei contribuenti: il soggetto non residente (salvo non abbia una base fissa o una stabile organizzazione nel nostro Paese) non riveste la qualifica di sostituto d’imposta in Italia, pur se eroga compensi a contribuenti italiani che sarebbero di base da assoggettare a ritenuta.
Analoga risposta era stata già fornita dall’Amministrazione anche di recente: Interpello 449 del 25/06/2021. In quell’occasione, si trattava di un’organizzazione straniera che aveva corrisposto dei compensi per prestazioni occasionali di lavoro autonomo.
L’istanza che qui ci occupa, peraltro, concerne due differenti quesiti, pur se strettamente connessi fra loro. Vediamo allora meglio di cosa si tratta.
I quesiti formulati dal Fondo pensione estero
L'Istante è un fondo pensione transfrontaliero, non residente in Italia, istituito su iniziativa della Commissione europea, che opera a livello cross-border, raccogliendo adesioni su base collettiva anche in Italia. Per la precisione, trattasi di fondo pensione europeo multi-Paese e multi-datore di lavoro, avente sede legale e amministrativa in Belgio, privo di qualsiasi base fissa e/o stabile organizzazione in Italia.
- Con il primo quesito formulato, viene domandato se, in relazione alle iscrizioni effettuate nel territorio dello Stato italiano, l'Istante, non fiscalmente residente in Italia e in assenza di stabile organizzazione in Italia, debba comunque assoggettare il risultato netto di gestione all'imposta sostitutiva del 20% prevista dall'articolo 17 del d.lgs. n. 252 del 2005 e, nel caso, quali siano le modalità per determinare la base imponibile.
- Con un secondo quesito, l’Istante chiede se, in relazione alle prestazioni che saranno erogate agli iscritti italiani, sia tenuto agli adempimenti del sostituto d'imposta e, qualora non vi fosse tenuto, quali siano le modalità con le quali i predetti iscritti devono indicare le prestazioni ricevute nella propria dichiarazione dei redditi. Per completezza, l'Istante fa poi presente che ha iscritti residenti in Italia solo dal 2021 e che non ha ancora erogato prestazioni relativamente alle quali potrebbe, anche in astratto, configurarsi un'obbligazione di sostituzione d'imposta, né ha presentato alcuna dichiarazione in Italia al fine di evidenziare imposte sostitutive applicate in conformità all'articolo 17 del d.lgs. n. 252 del 2005.
La risposta dell’Agenzia al primo quesito : obblighi dei fondi pensione esteri
Come sempre, preliminarmente, l’Agenzia precisa che la risposta è resa esclusivamente sul presupposto che l'Istante – come dichiarato – sia effettivamente un fondo pensione transfrontaliero non residente, istituito su iniziativa della Commissione europea, che opera a livello cross-border, raccogliendo adesioni su base collettiva anche in Italia, in possesso di tutte le autorizzazioni prescritte. Ciò poiché gli eventuali accertamenti, sia in merito alla verifica delle autorizzazioni di legge, sia relativamente al requisito della residenza fiscale, implicano valutazioni di ordine fattuale non esperibili in sede di risposta alle istanze d’interpello.
Passando, poi, al primo quesito formulato, l’Agenzia osserva che le forme pensionistiche complementari comunitarie (fondi transfrontalieri o paneuropei o IORP) sono disciplinate in Italia dall'articolo 15-ter del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, in base al quale:
“I fondi pensione istituiti negli Stati membri dell'Unione europea, che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva (UE) 2016/2341 e che risultano autorizzati dall'Autorità competente dello Stato membro di origine allo svolgimento dell'attività transfrontaliera, possono raccogliere adesioni su base collettiva sul territorio della Repubblica”.
Orbene, la normativa in parola stabilisce che alle anzidette forme pensionistiche comunitarie si applica, limitatamente alle adesioni effettuate nel territorio della Repubblica e alle risorse accumulate e gestite in relazione a tali adesioni, la disciplina in materia di destinatari, adesioni in forma collettiva, finanziamento, prestazioni, permanenza nella forma pensionistica complementare, cessazione dei requisiti di partecipazione, portabilità, nonché le disposizioni della COVIP che indicano le informazioni necessarie ai fini del controllo del rispetto di tali norme e le informazioni, comprese quelle relative ai singoli iscritti, necessarie per il monitoraggio del sistema della previdenza complementare. I fondi pensione, in relazione all'attività transfrontaliera svolta nel territorio della Repubblica, sono inoltre tenuti a nominare un depositario per i compiti di custodia e sorveglianza.
Si tratta, peraltro, di richiami di legge chiaramente esplicitati nel decreto. Il nostro ordinamento non consente di considerare, implicitamente, ulteriori eventuali disposizioni che non siano state prima espressamente richiamate.
Ebbene, per quanto di interesse nella concreta fattispecie, il regime tributario delle forme pensionistiche complementari di cui all'articolo 17 del decreto, non è affatto richiamato come sistema applicabile ai fondi in esame. Ergo, in risposta al primo quesito, l’Amministrazione rappresenta che l’Istante, fondo di pensione belga, in quanto tale, non è tenuto, per le adesioni effettuate in Italia, ad assolvere l'imposta sostitutiva nella misura del 20% sul risultato netto maturato in ciascun periodo d'imposta, come viceversa previsto per i fondi pensione istituiti in Italia.
La risposta dell’Agenzia al secondo quesito: il trattamento fiscale
Riguardo al secondo quesito (che sicuramente concerne la questione di maggior interesse generale), l’Ufficio ricorda che:
- le prestazioni pensionistiche complementari, erogate in forma di capitale agli iscritti, dai fondi pensione comunitari, sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta, mentre
- le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quelli derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche stesse, se determinabili.
Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate viene poi operata la ritenuta a titolo d'imposta.
Nel caso di prestazioni erogate in forma di capitale la ritenuta è applicata dalla forma pensionistica a cui risulta iscritto il lavoratore; nel caso di prestazioni erogate in forma di rendita, tale ritenuta è applicata dai soggetti eroganti.
La forma pensionistica complementare dovrà allora comunicare ai soggetti che erogano le rendite i dati in suo possesso necessari per il calcolo della parte delle prestazioni corrispondenti ai redditi già assoggettati a imposta, se – appunto – determinabili. Peraltro, come appena sopra verificato in merito al primo quesito, il fondo istante non assolve al versamento dell’imposta sostitutiva del 20% di cui all’articolo 17, d.lgs. 252/2005.
Dunque, agli effetti del computo della base imponibile concorre anche tale ulteriore somma, la quale non risulta in concreto essere stata precedentemente assoggettata a tassazione in capo al fondo.
Con riferimento poi all’inquadramento reddituale, le rendite in esame costituiscono per il percipiente redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ex articolo 50, comma 1, lettera h-bis), TUIR. Detti redditi rientrano fra quelli soggetti a ritenuta alla fonte (articolo 24, DPR 600/1973), ove corrisposti da soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d’imposta in base all'articolo 23 del medesimo decreto.
A questo punto, l’analisi compiuta dall’Amministrazione si sposta necessariamente sull’accertamento dei requisiti soggettivi e oggettivi.
Da un punto di vista soggettivo, le società ed enti non residenti che erogano redditi soggetti a ritenuta in Italia, sono di base naturalmente ricompresi tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d'imposta in ossequio al comma 1 dell’appena richiamato articolo 23, DPR 600/1973. Peraltro, in linea di principio, ne risultano oggettivamente esclusi in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato. Come già chiarito con Circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 3.1, esclusivamente nel caso in cui tali soggetti abbiano una base fissa o una stabile organizzazione in Italia, il soggetto non residente che eroga somme per le quali è previsto un prelievo alla fonte, assumerà la qualifica di sostituto d’imposta e avrà quindi l’obbligo di effettuare le ritenute. Ciò che, come premesso, non si verifica con riguardo all’odierno Istante.
Pertanto, lo stesso Istante, non avendo, in base a quanto dichiarato, né una stabile organizzazione e né un’altra base fissa in Italia, non sarà tenuto ad applicare alcuna ritenuta sulle somme che erogherà agli iscritti italiani, e questi ultimi dovranno, invece, indicarle nella propria dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le hanno percepite.
Appare, infine, degna di nota l’ulteriore precisazione aggiunta in sede conclusiva di risposta all’interpello da parte dell’Agenzia delle entrate: “Qualora l'Istante operi le ritenute alla fonte sui predetti corrispettivi, ai sensi del citato articolo 24 del d.P.R. n. 600 del 1973, sarà tenuto anche all'adempimento di tutti gli altri obblighi, formali e sostanziali, che ne conseguono”. Tale assunto appare di sicuro rilievo, posto che l’Agenzia in sostanza sta avvertendo il soggetto in argomento che, nel caso in cui quest’ultimo, sbagliando, abbia comunque effettuato le ritenute, non sarà possibile proporre un’eventuale istanza di rimborso all’Erario in merito alle somme in parola. Francamente, detta ultima indicazione fornita dall’Amministrazione lascia qualche dubbio.
Conclusioni
Il ragionamento e l’interpretazione normativa svolti dall’Agenzia delle entrate, nel complesso appaiono entrambi assolutamente condivisibili.
È, in effetti, oggettivamente incontestabile che il soggetto non residente, privo di base fissa o stabile organizzazione in Italia, non possa rivestire la qualifica di sostituto d’imposta e, conseguentemente, non debba effettuare trattenute sugli eventuali compensi erogati ai residenti, seppure, di regola, detti compensi dovrebbero essere assoggettati a ritenuta.
Analogamente, posto che non sarebbe accettabile un’elusione impositiva a fronte di siffatte situazioni, è altresì ovvio che i percettori di questi redditi, non avendo subito a monte la ritenuta di legge, avranno necessariamente l’obbligo di assolvere alle imposte direttamente in sede di dichiarazione dei redditi personale.
Detto ciò, l’indicazione finale espressa dall’Agenzia nella risposta all’interpello – come poc’anzi osservato – desta talune perplessità:
- Da un lato, in pratica, non sembra affatto semplice per un soggetto non residente, impossibilitato a rivestire la qualifica di sostituto d’imposta in Italia, una volta operate le ritenute alla fonte, dar corso agli adempimenti “di tutti gli altri obblighi, formali e sostanziali, che ne conseguono”
- Per altro verso, in linea di principio, non si comprende perché, nell’ipotesi in cui qualcuno abbia versato erroneamente delle imposte, queste non debbano semplicemente costituire oggetto di rimborso ordinario da parte del Fisco, senza imporre ulteriori differenti obblighi