La bozza di Legge di Bilancio 2025, dopo l'approvazione in Cdm, è pronta ad avvisarsi nell'iter parlamentare e già fa molto discutere l'art 112 che in tanti chiedono di abolire.
Sinacati e Consiglio Nazionale dei Commercialisti ancora sulla stessa linea esprimono il loro dissenso in proposito.
Dopo le reiterati richieste di proroga per il CPB, peraltro rimaste disattese, i Commercialisti esprimono parere contrario alla norma che vorrebbe introdurre un controllore del MEF nelle imprese che hanno ricevuto aiuti di stato.
Vediamo cosa prevede la norma e perchè viene contestato.
Controllore del MEF nelle imprese: vediamo per chi
L'art 112 della bozza di Legge di bilancio 2025 prevede di introdurre l’obbligo di integrazione della composizione del collegio di revisione o sindacale con un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze relativamente agli enti, società, organismi e fondazioni che ricevono dallo Stato, anche in modo indiretto, un contributo di entità significativa, definito in sede di prima applicazione nel valore di 100 mila euro annui e da definire in seguito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.
L’obbligo di integrazione dovrebbe applicarsi con decorrenza dalla prima scadenza del collegio successiva all’esercizio in cui si verificano le condizioni stabilite e cessi con decorrenza dalla prima scadenza del collegio successiva al venir meno delle medesime condizioni.
A tale previsione stanno già pponendosi i sindacati dei Commercialisti ed anche il CNDCEC che ieri in audizione in Commissione Finanza ha spiegato le proprie ragioni.
In particolare, in audizione in Commissioni Bilancio di Camera e Senato, Salvatore Regalbuto, Tesoriere nazionale, e Pasquale Saggese, Coordinatore dell’area fiscalità della FNC, hanno espresso, a nome del CNDCEC, grandi perplessità sulla norma, che produce una “limitazione sia della libera iniziativa d’impresa, sia dei poteri dell’assemblea dei soci”.
Il Presidende De Nuccio ha invece commentato che: “La richiesta di abrogare l’articolo 112 risiede nei forti dubbi di legittimità costituzionale della norma e della sua compatibilità con le libertà fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea. Oltre a tali profili, di per sé già dirimenti, la norma appare ulteriormente incomprensibile tenuto conto dell’attuale quadro normativo che già riserva a professionisti qualificati, tra cui i commercialisti, l’attività di vigilanza sull’osservanza della legge, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Ogni altra deriva normativa appare dirigistica e lesiva dell’affidabilità e della professionalità di chi già oggi svolge egregiamente la fondamentale attività di controllo legale”.
Di identico parere sono ADC, AIDC e UNGDCEC, che con un comunicato stampa congiunto, hanno sottolineato che “l’art. 112 induce a ritenere che il Governo abbia individuato un vulnus nel comportamento di sindaci e revisori, tale da rendere necessaria la nomina di un tutore che possa garantirne il corretto funzionamento”.
I Presidenti dei tre sindacati di categoria manifestano “sgomento e preoccupazione” per una disposizione che presenta “molteplici profili di criticità”, primo fra tutti la violazione della libertà di nomina dei componenti dell’organo di controllo da parte dell’assemblea dei soci.
Si attendono novità in proposito posto che ora il testo della Legge di Bilancio 2025 è atteso alla Camera per iniziare i lavori di approvazione.