L’autotutela nel diritto amministrativo è il potere, concesso alla pubblica amministrazione, di annullare o revocare i provvedimenti amministrativi già adottati.
Nel contesto del diritto tributario e dei procedimenti fiscali, questa si configura nella facoltà, attribuita all’ufficio, di annullare o revocare una sua pretesa nei confronti del contribuente, ogni qual volta risulti evidente che questa non sia dovuta o sia frutto di un errore.
Il Decreto Legislativo 219/2023 è intervenuto nell’ambito dell’autotutela tributaria, prevedendo una diversificazione tra:
- autotutela obbligatoria, ex articolo 10-quater della Legge 212/2000;
- autotutela facoltativa, ex articolo 10-quinquies della Legge 212/2000.
Sul tema, il 7 novembre 2024, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate pubblicando la Circolare numero 21, appunto dedicata a questo argomento.
Fondamentalmente, in base al nuovo impianto normativo, l’autotutela obbligatoria può essere esercitata in caso di manifesta illegittimità dell’atto, in una delle situazioni espressamente previste dal comma 1 dell’articolo 10-quater della Legge 212/2000. In tutti gli altri casi il contribuente potrà presentare istanza di autotutela facoltativa, che si manifesta, quindi, come fattispecie residuale.
Ciò che differenzia in profondità le due tipologie di autotutela si manifesta sul versante processuale; infatti:
- mentre il ricorso contro il diniego espresso è ammesso sia in caso di autotutela obbligatoria che di autotutela facoltativa;
- il ricorso contro il diniego tacito è ammesso solo in caso di autotutela obbligatoria.
Il silenzio dell’ufficio si qualifica come silenzio-rifiuto trascorsi 90 dal giorno di presentazione dell’istanza da parte del contribuente (contando dal giorno in cui l’istanza perviene all’ufficio competente) e il ricorso può essere presentato entro i termini di prescrizione.
In conseguenza di ciò, in tutti i casi di mancata risposta dell’ufficio a una istanza di autotutela facoltativa, il contribuente non potrà presentare ricorso.
Fondamentalmente il legislatore ha effettuato una operazione di classificazione delle istanze di autotutela che vengono presentate agli uffici fiscali, dividendo quelle che presentano una manifesta situazione di errore, che si tutelano anche grazie alla libertà di accesso al successivo ricorso, dalle istanze di autotutela presentate in base a situazioni incerte o opinabili, le quali, grazie al divieto di impugnazione del silenzio-rifiuto, avranno una più limitata copertura processuale.
È inoltre previsto il caso dell’accoglimento parziale dell’istanza presentata dal contribuente.
Le casistiche dell’autotutela obbligatoria
L’articolo 10-quater della Legge 212/2000 prescrive una elencazione tassativa di situazioni in cui potrà essere esercitata l’autotutela obbligatoria:
- errore di persona;
- errore di calcolo;
- errore nell’individuazione del tributo;
- evidente errore materiale del contribuente;
- errore sul presupposto d'imposta (come il mancato riconoscimento di deduzioni o detrazioni);
- pagamenti d’imposta regolarmente eseguiti ma non considerati;
- mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
Fuori da queste casistiche tassative, l’istanza di autotutela verrà considerata come autotutela facoltativa.
Il quadro operativo della nuova autotutela
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 21/E/2024, ha fornito utili precisazioni in merito alle modalità operative di proposizione dell’istanza di autotutela da parte del contribuente.
Il primo punto da evidenziare è il destinatario dell’istanza: infatti, sia per l’autotutela obbligatoria che facoltativa, la competenza è della struttura territoriale che ha emesso l’atto, mentre le direzioni regionali non sono coinvolte, a meno di atti emesse da queste ultime.
Però, se il contribuente erroneamente trasmette l’istanza ad un ufficio che non è competente, questo ha il dovere di trasmettere tempestivamente il documento alla sede competente.
L’istanza potrà essere trasmessa dal contribuente all’Agenzia delle Entrate tramite la propria area riservata del sito dell’ente, tramite PEC oppure con consegna a mano presso l’ufficio territoriale competente.
Il contenuto dell’istanza deve essere esaustivo, per cui questa deve presentare tutti gli elementi, di fatto e di diritto, utili a dimostrare il fondamento della richiesta di autotutela. Dovranno anche essere forniti tutti i riferimenti necessari all’ufficio per effettuare una corretta valutazione del caso.
È possibile proporre un elenco di ciò che dovrà contenere l’istanza:
- l’indicazione dell’ufficio competente;
- i dati identificativi del contribuente e del suo eventuale rappresentate legale (ad esempio in caso di società di capitali);
- l’indirizzo PEC o l’indirizzo fisico a cui dovranno essere trasmesse eventuali comunicazioni dell’ufficio o l’eventuale provvedimento di accoglimento o rigetto (tale recapito potrà essere quello del contribuente oppure quello del suo difensore incaricato; nel secondo caso dovrà essere allegata la procura);
- i dati identificativi dell’atto di cui si richiede l’annullamento in autotutela;
- come già detto, gli elementi di fatto e di diritto, che stanno a fondamento della richiesta.
L’esercizio dell’autotutela obbligatoria
Quelle fin qui evidenziate rappresentano le caratteristiche comuni all’esercizio di entrambe le due nuove forme di autotutela tributaria.
Ulteriori precisazioni dovranno essere integrate in caso di autotutela obbligatoria: dovrà essere chiaramente esplicitato a quale delle casistiche tassative, indicate sull’articolo 10-quater delle Legge 212/2000, il caso presentato dal contribuente rientri e per quale motivazione.
Dovranno anche essere indicate le ragioni per cui, secondo il contribuente, si è in presenza di un caso di manifesta illegittimità dell’atto. A riguardo bisognerà precisare che l’Agenzia delle Entrate, sulla Circolare numero 21 del 7 novembre 2024, precisa che, in presenza di incertezze interpretative derivanti da “contrasti giurisprudenziali”, non può configurarsi una situazione di manifesta illegittimità dell’atto dell’imposizione, per cui, in questo caso, l’autotutela obbligatoria non potrà essere adoperata e, quindi, discenderà un inevitabile diniego.
Per l’esercizio dell’autotutela obbligatoria il contribuente ha tempo, per proporre istanza, fino a un anno dalla definitività dell’atto per mancata impugnazione.
Trascorso tale limite temporale potrà essere presentata solo istanza di autotutela facoltativa; oppure l’istanza di autotutela obbligatoria presentata oltre tale termine verrà considerata come istanza di autotutela facoltativa, con ciò che ne deriva in termini di possibilità di impugnazione.
Cosa comporta
L’obiettivo del nuovo assetto normativo dell’autotutela, attraverso una classificazione qualitativa delle istanze, sembra essere quello di conferire priorità e tutela alle istanze che mettono in evidenza una pretesa chiaramente non dovuta, rispetto a tutte quelle situazioni che si potrebbero definire incerte.
Ciò deriva dalla costruzione dell’autotutela cosiddetta obbligatoria.
Quello che ci si domanda, però, è se, insito nello stesso impianto normativo, non ci sia anche la volontà di smaltire una parte del contenzioso potenziale attraverso il previsto divieto di impugnazione dell’istanza di autotutela facoltativa in caso di diniego tacito.
In questo senso la nuova autotutela sembra seguire la stessa logica normativa dell’ormai famoso divieto di impugnazione dell’estratto di ruolo, messo in norma dal precedente governo, con il quale la libertà di contestazione viene limitata a specifiche e ben definite situazioni.
Se la nuova autotutela servirà più a dare priorità alle situazioni di evidente errore o a limitare il contenzioso per quelle incerte, dipenderà dall’uso che l’amministrazione finanziaria farà del cosiddetto silenzio-rifiuto in caso di autotutela cosiddetta facoltativa.